Intern in the US

Thursday, August 18, 2005

Dolce Amica Addio

Sapevamo entrambi che questo momento doveva arrivare, eppure ci siamo fatti cogliere cosi' impreparati.
Pochi tra i miei lettori sanno di quello che c'e' stato fra di noi, ti ho conosciuta meno di sei mesi fa ma e' come se fossimo stati compagni da sempre.

Rimpiangero' i momenti passati insieme, sotto la pioggia e sotto il sole, nelle corse affannate e nelle passeggiate spensierate. Tu sei la sola che mi sia stata davvero vicino ed io sono stato il solo che l'abbia fatto con te. Ti ho accudito, ti ho nutrito, ti ho protetto.

Portero' sempre con me le chiacchiere che mi hai sussurrato la mattina appena svegli e le canzoni che abbiamo urlato insieme nel pomeriggio. E ancora il tuo sguardo un po' spento della sera, il tuo odore inconfondibile, la tua voce dolce nella calma della notte e aspra nella rabbia, il tuo calore, la tua devozione.

Hai saputo comprendere le mie intemperie, i miei errori, anche quelli che ti hanno fatto male. Sembrava dovesse durare per sempre e invece no, fra un mese ci saluteremo, ormai e' deciso. Io via da questo posto che non mi appartiene e tu ancora qui a casa tua, a vivere con il tuo nuovo amico.

Altri accarezzeranno la tua pelle, altri ascolteranno le tue parole, altri si faranno trasportare dalle tue mani. Con chissa' chi canterai a squarciagola le tue canzoni, chissa' quanto in fretta ti dimenticherai di me.

Credo sia meglio cosi', credo che sia giusto prepararci sin da ora alla separazione, sapere in quali mani ti lascio, senza ridurci all'ultimo momento quando nella fretta non ci sara' nemmeno il tempo di dirsi ciao. Non credo leggerai queste parole e se lo facessi, credo che non capiresti. Ma non conta perche' fra di noi e' sempre bastata una carezza.

Che dire dunque se non Addio.
Addio dolce amica. Addio Toyota Camry.

Alla prossima.

Tuesday, August 09, 2005

Questione di palle

C'e' chi ce l'ha
quadre, chi ne ha tre, chi
ne ha due, chi ce l'ha tonde, chi
le mostra, chi ce l'ha grandi, chi le
rompe, chi se le sbatte, chi le trita, chi
ce l'ha piccole, chi ce l'ha piene, chi le
strappa, chi le tiene, chi le racconta, chi
ce l'ha a terra, chi ce l'ha di ferro, chi ce
l'ha mosce, chi ne ha quattro, chi non
ne ha affatto, chi le tira fuori, chi
le spara, chi le spacca, chi le
gira, chi le taglia, chi
le gioca, chi...

Non so di che materiale, di che forma e di che dimensione siano le mie, so solo che loro hanno deciso... hanno deciso di riportarmi a casa.

Ah, c'è chi se le sciacqua, come la gran parte di voi ad Agosto, che non capiranno, anzi che chissa' quando leggeranno.

Alla prossima.

Wednesday, August 03, 2005

Cronaca di una trasferta

Restituisco una volta tanto a questo blog la sua funzione originaria...

Pur essendo a San Jose, in realta', tutto questo tempo ho lavorato esclusivamente con il laboratorio di Santa Barbara. Questo ha implicato due cose: innanzi tutto la maggiorparte delle persone qui a San Jose non sa cosa faccio e chi sono, ma soprattutto che questo internship in fin dei conti l'avrei potuto fare anche da Sapri con una normale connessione internet.

Un po' per entrambe le ragioni, e' necessitata una trasferta di quindici giorni a Santa Barbara, in modo da rendere un po' reale il mio lavoro virtuale. Sono stato gentilmente ospitato dalla mia "co-internata" alla panasonic.

L'avventura c'e' stata tutta, a cominciare dal viaggio in solitaria, di 300 miglia, con la scassatissima macchina che mi ritrovo. L'abitacolo era rovente, come se fosse stata parcheggiata per 3 ore sotto il sole in piena estate, quando mi sono fermato per una pausa ho realizzato che fuori era lo stesso. Per un centinaio di miglia sono stato in queste condizioni, su una strada dritta all'inverosimile tracciata nel nulla piu' assoluto.
Il motore ruggiva felice e l'aria irrompeva dal finestrino prepotente, la povera radio stentava a far giungere qualche nota distorta al mio orecchio, ovviamente solo quando non soppiantata dalla mia vena canora ad evitare sonno e disperazione.

Passo ora in rassegna gli episodi notevoli:

Farinata di falafel fume'
Trasportati da improbabili impulsi etnici, ci siamo dati alla preparazione di altrettanto improbabili falafel. Causa mancata consistenza dell'impasto, le polpette sono state convertite a una sorta di farinata, la cui riuscita e' testimoniata dalla grande quantita' avanzata dopo la cena e soprattutto dal malessere avvertito da colei che ha avuto lo stomaco di mangiarne piu' dello stretto necessario per valutarne il gusto.
Esperimenti culinari infelici non sono affatto una novita', ma la storia del falafel non e' finita. Speranzosi in un miglioramento del preparato nottetempo o in una autonoma sparizione dello stesso, la teglia fu infilata nel forno, ricoperta da un pietoso scottex.
Non si sa cosa accadde, se fu la provvidenza o la sbadataggine. Quando siamo ritornati la sera dopo, l'odore del manicaretto pervadeva la casa accompagnata pero' da un acre odore di bruciato. Un laconico biglietto lasciato sui fornelli recitava: "The fire department has been here" ed indicava un numero da chiamare. Il falafel giaceva nero carbonizzato nel lavandino.
I pompieri, chiamati dai vicini allarmati dall'allarme e dal fumo, hanno riportato di aver trovato quello che loro hanno inteso essere dei brownies in fiamme, nel forno dimenticato acceso.

Raccoon watching
Un'altra sera ritornando a casa, abbiamo sorpreso scorrazzare per il cortile una dolce famigliola di strani animali, che sebbene al buio, si mostravano troppo piccoli per essere cani e troppo grossi per essere gatti.
Uno squarcio di luce ha svelato il mistero, si trattava di procioni. La sera dopo esco per portare la spazzatura al cassonetto e replico l'incontro, questa volta c'era solo papa' procione, o mamma non so. I problema e' che nonostante visibilmente spaventato l'animale sembrava seguirmi, poi l'ho perso di vista, per poi ritrovarmelo davanti all'ingresso del cortile interno. Ci siamo guardati per un po', ho provato sia in Inglese che in Italiano a dirgli di sparire, ma quello niente, stava la' e mi guardava. Poi d'improvviso, mi ha dato le spalle e si e' infilato nel giardino di casa. Io mi sono precipiatato dentro casa, chiudendomi immediatamente la porta alle spalle.
La sera stessa mi sono imbattuto in un sito che spiegava come dar da mangiare ai procioni selvatici. Certo la cosa e' un po' rischiosa, visto che i procioni hanno la bella abitudine di trasmettere la rabbia.
E' stato difficile convincere la co-internata, ma alla fine ce l'ho fatta sottolineando che dopo tutto sia improbabile essere morsi e soprattuto che la rabbia non sia cosi' male come dicono.
Armati di macchina fotografica e di una fragola siamo partiti. Il bottino e' stato magro. Dei procioni neanche l'ombra. Abbiamo solo gudagnato la fama di maniaci nel quartiere e perso circa un quarto d'ora ad osservare qello che si e' rivelato essere un gatto.

Altre pillole....
- Abbiamo ammazzato una presunta vedova nera.
- I vicini ci hanno ripetutamente intrattenuto con sonori amplessi e indicibili coiti.

Santa Barbara e' un posto strano dunque, dove ci sono cose strane, come quelle che ho detto, ma anche tante altre. C'e' chi narra di un fantomatico leone di montagna che stacca la testa a disgraziati ciclisti o di...

...Ma non mi dilungo oltre. Almeno non oggi, magari un'altra volta.

Alla prossima.